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La guerra che verrà non è la prima

Per la prima generazione di europei nella storia che non l’abbia vissuta sulla propria pelle (con la dolorosa parentesi del conflitto in ex-Jugoslavia), la guerra è qualcosa che appartiene al mondo del passato o delle ipotesi. A questa generazione, il cinema – che della guerra combattuta dagli eserciti ha fatto un genere a sé piuttosto fiorente – ha mostrato cosa sia stato, o cosa potrebbe essere, vivere in prima persona i bombardamenti, il caos, la paura delle popolazioni sotto attacco.
In un momento storico fra i più difficili degli ultimi decenni, con un genocidio in corso e venti di guerra che spirano anche sull’Europa, HarpoLab presenta una rassegna a cura di Guido Laino costruita sull’equilibrio fra la cruda concretezza delle immagini e l’astrazione di contesti storici che, anche quando sono dichiarati, lasciano nelle vicende raccontate un ampio respiro di universalità. Film dunque che mostrano cos’è stata, cos’è e cosa potrebbe essere la guerra quando investe la popolazione, cancellando ogni riguardo nei confronti dei civili inermi.
Bergman e Haneke, a distanza di 35 anni l’uno dall’altro, raccontano l’improvviso sconvolgimento sociale che segue il deflagrare di un conflitto; Klimov e Comencini mostrano il disordine e il dolore dei luoghi attraversati dalla seconda guerra mondiale; Garland immagina una nuova guerra civile americana, con l’inevitabile strascico di sopraffazione e violenza. Cinque film per proiettarci in panorami che ci sembrano distanti e che speriamo di non dover mai sperimentare in prima persona; un esercizio di immaginazione e di empatia per chi, invece, quei panorami li vive sul proprio corpo oggi.

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